ALCUNI DISCORSI SACRO POLITICI DEL CANONICO BARONE

In “Alcuni discorsi sacro-politici per questi tempi”, pubblicati nel 1848, il Canonico Paolo Barone espresse le sue convinzioni sul ruolo del clero sostenendo che, mentre fuori dalla chiesa il sacerdote era da considerarsi un cittadino come tutti gli altri “dal pulpito” era “ maestro di ogni verità d'etica tanto domestica quanto sociale”.
Nel “Primo Discorso” preparato “pell'ultimo dì del 1847” intendeva dimostrare “che le riforme sociali possono essere materia di un Sacro Discorso, e perché debbasi ringraziare Dio per esse”.
Si rammaricava del fatto che il clero nel 1814 e 15, “non per colpa sua, ma per colpa dei tempi d'allora” non aveva saputo diffondere “una forte educazione politico-religiosa “ fra il popolo, tale da insegnargli “un modesto ma forte domandare i suoi diritti” evitando di sacrificare la penisola italiana alle ambizioni straniere del congresso di Vienna. Riconosceva al Pontefice l'onore di aver dato inizio al risorgimento italiano e individuava nel sovrano “più Padre che Re” il pregio di essere essersi mostrato italiano “primo fra i principi d'Italia”.
E' nel “Secondo Discorso recitato nel primo dì del 1848” che il Canonico Barone si prefiggeva di dimostrare che Le nuove riforme , per essere valide, dovevano essere accompagnate dalla religione. Richiamava, in proposito, Gioberti il quale riteneva che il primato della civiltà italiana sopra le altre dipendesse appunto dalla “preponderanza riconosciuta all'elemento divino conservato nella chiesa sopra l'elemento secolare patrimonio del laicato.”

 

 

F.lli Bandiera