IL 1821 A PINEROLO

I movimenti liberali nati nell'Ottocento in opposizione alla Restaurazione che aveva l'obiettivo di riportare in vita, con i governi assolutisti fondati sulle dinastie, l'antico regime, ebbero come elemento comune l'affermazione del principio delle libertà individuali. I governi europei scelsero una politica repressiva per limitare il più possibile la diffusione di queste idee considerate un pericolo per il regime delle dinastie.
I movimenti liberali risposero con l'attività delle società segrete ed i moti rivoluzionari del 1820-21 interessarono anche il Piemonte e Pinerolo.
Vi aderirono giovani liberali appartenenti alle principali famiglie spinti dal desiderio tipicamente romantico di gloria, da una cultura fondata sugli ideali di eroismo patriottico esaltato dagli studi classici uniti alla razionalità del pensiero illuminista oltre che, per alcuni, dallo studio degli autori italiani del Trecento e del Cinquecento alla ricerca delle proprie origini culturali e linguistiche ; era presente in essi la volontà di superare il tipo di governo tradizionalista ed autoritario cercando l'indipendenza dall'influenza austriaca ed appoggi all'interno dell'esercito dove erano presenti malcontento e rancore tra i fedelissimi alla Restaurazione ed i reduci dalle campagne napoleoniche.

L'atmosfera pesantemente reazionaria introdotta in Piemonte da Vittorio Emanuele I dopo la caduta dell'impero napoleonico , la speranza di cambiamento indotta dalle insurrezioni scoppiate in Spagna, Portogallo e nell'Italia Meridionale contribuirono a creare le condizioni per un movimento rivoluzionario anche in Piemonte.
Umberto Valente, in un suo studio ("La partecipazione della Città di Pinerolo alla cospirazione del 1821", pubblicato nel 1931 presso l' Unitipografica Pinerolese) affermava che "i principali fautori del moto rivoluzionario popolare in Pinerolo , prima e dopo l'abdicazione del Re Vittorio Emanuele I" erano ritenuti il conte Giuseppe Roberto Pavia di Scandeluzza, pinerolese, Guglielmo Guerbe di Pierloise, residente nei pressi di Piscina e Gaetano Giancelli, torinese, Consigliere del Comune.

Lo stesso studioso citava il "Rapporto sulla defezione del Reggimento Cavalleggeri di S.M., lì 10 marzo 1821" indirizzato dal colonnello Maffei di Boglio al Comando del Reggimento e, quindi, scritto con motivazioni e partecipazione ben diverse dalla storia di Santarosa. Il colonnello metteva in evidenza il fatto che nella guarnigione di Pinerolo vi erano discordie fra gli alti ufficiali e si era andato diffondendo "lo spirito d'indisciplina e d'insubordinazione": "... riunioni serrate ebbero luogo; massime in Pinerolo si tenevano propositi e discorsi che annunziavano li tristi evenimenti che ebbero luogo; il Sig. Conte di Bernezzo reso inteso di quanto si passava, proibì agli Ufficiali di frammischiarsi d'affari politici e loro diede a differenti fiate gli avvertimenti più saggi."
Il suo Rapporto forniva anche dati numerici: "In ultima analisi il numero degli Ufficiali non defezionati è di 25, quello dei defezionati 15; quello dei soldati defezionati 350 circa, li non defezionati 160 circa". Inoltre non esprimeva certo simpatia per i liberali, anzi affermava:"Li defezionati sono partiti senza cognizione di causa e senza ravvisare il fallo enorme che commettevano. Sono stati ingannati ed hanno creduto obbedire ad un ordine del Re. Li sottufficiali solo sono colpevoli e meritano d'essere trattati rigorosamente. Il più gran numero erano federati, ed avevano giurato per la Costituzione ..."
Gli atti dei processi, avviati nei confronti dei partecipanti al movimento rivoluzionario, permettono di conoscere alcune delle iniziative adottate dai liberali pinerolesi durante il breve periodo in cui, con la reggenza di Carlo Alberto e la concessione della Costituzione, le speranze dei patrioti sembravano poter diventare realtà.
Il 13 marzo 1821 il Conte Pavia aveva fatto preparare dal tappezziere Francesco Ghio degli stendardi (con i colori della rivoluzione spagnola: rosso-nero-azzurro) che il Comandante della Città , conte Ceppi, impedì di esporre in pubblico (sul campanile di San Donato, al balcone del palazzo Municipale e alla residenza della Guardia nazionale) come era invece l'intenzione dei patrioti.
Il giorno dopo all'Albergo Campana si tenne un pranzo per festeggiare e proclamare l'adesione alla Costituzione spagnola; l'albergatore Giuseppe Brunetti di Pinerolo venne chiamato a testimoniare sugli intervenuti:
"Oltre i tre capi del movimento (Pavia, Giancelli, Guerbe) vi parteciparono il medico G.B. Alliaudi, il flebotomo Spirito Martini, abitante al Dubbione, il causidico Rochetti di Perosa, certo Moschetto e il notaio Godino, pure di Perosa, altro Godino di Pinasca, consigliere, certo Beltramo, detto della Fiorina, abitante nei pressi di Roletto, il fornitore militare Daghero, i signori Bertini, Ferrero, Geymet (cartolaio) Gianetti, Armand, di Torre Pellice, Vertù, meglio identificato col soprannome dai capelli bianchi, Stefano Fer, Piero Cocchi, il cav. Racconigli, del Reggimento dei cavalleggeri, ed il salumiere Ternavasio". Altri nomi furono forniti dalla moglie dell'albergatore, dal cameriere e dal cuoco.
Nel pomeriggio dello stesso giorno i capi della rivolta si recarono nel Palazzo Municipale, dove il Consiglio era in riunione chiedendo , invano, la convocazione della Guardia Nazionale al fine di rendere gli onori militari al Principe della Cisterna, già incarcerato a Finestrelle per motivi politici e proprio in quei giorni liberato.
Dopo i fatti d'arme di Novara, la reazione fu rapida: il 16 aprile il Conte Pavia venne arrestato, il 20 giugno lo seguirono alla Cittadella di Torino anche Giancelli e Guerbe; il 22 maggio si diede inizio al processo: gli imputati si dichiararono colpevoli delle accuse; verso i civili i giudici furono più clementi: Giancelli fu assolto, Pavia e Guerbe considerati puniti dal carcere già subito.
Valente riporta l'elenco dei nomi di trentaquattro fra Ufficiali e Sottufficiali del Reggimento dei Cavalleggeri del Re di stanza a Pinerolo compromessi nei moti e in qualche modo colpiti dalla reazione; tra i militari di altri Reggimenti e borghesi ne vengono elencati dodici di Pinerolo e zona, che ebbero condanne più o meno gravi .
In città l'ordine fu ristabilito in fretta: il 19 aprile il Consiglio Comunale aveva assicurato fedeltà e obbedienza al Re inviando una Commissione a Torino.
Il 2 giugno il Reggimento dei Cavalleggeri del Re aveva lasciato la città e sei giorni dopo erano entrati i Dragoni del Re.