SILVIO PELLICO - RICORDI DI PINEROLO

Il Duomo di Pinerolo tornò nei ricordi di Silvio Pellico nel componimento poetico "Le Chiese" quando egli ripensava alla sua fanciullezza ed alle sue esperienze a Saluzzo e a Pinerolo. Quest'ultima veniva definita "città seconda" dove trascorse alcuni anni della fanciullezza rattristati da problemi di salute.
Nel 1798, molti furono i cresimati, giunti anche dai paesi vicini e fra essi Silvio Pellico e suo fratello Luigi; ecco come emerge questo episodio nei versi del poeta:


"...
E salve, o tempio di men nobil foggia,
Ma parlante a me pur dolci memorie.
In Pinerolo, città seconda, ov'io
Riposai le mie inferme ossa crescenti!
Là nelle vespertine ombre, al chiarore
Della lampada santa, io colla madre
E col fratel pregava la pietosa
Degli Angioli Regina e degli afflitti
Ed in secreto a le mi cordogliava
De' malefici influssi, onde a' miei nerbi
Strazio era dato, ed al mio cor tristezza,
Ed aita io chiedeale, ovver la tomba.
Ma l'infantil querela uscia con sensi
D'aumentata fiducia, e alleviarsi
In me sentia l'affanno, e sentia l'alma
Di pensier fecondar misi e d'amore.
Nelle tue, Pinerolo, aure dilette
L'adolescenza mia fu di soavi,
Religiosi gaudii confortata;
E indelebile è in me l'ora solenne,
Quando, trepido il sen, mossi all'altare,
Tra drappelletto di fanciulli, il grande
Atto a compir, di confermar col proprio
Conoscimento le promesse auguste,
Che di virtù magnanima al battesmo
Pronunciarono labbra altre per noi.
Oh nobil rito! Oh santo iolio! Oh possente
Grazia del Crisma! Oh simboli che tanto
A sublimi desiri alzan la mente !
Con pompa veneranda il Pastor santo
Presentasi all'altare, e a lui corona
Fan suoi pii Sacerdoti in aureo ammanto:
Celestiale armonia nel tempio suona
Di cantici divoti, e di pietade
Palpita il core a ogni gentil persona;
E più alle madri che nel vel celate
Delle viscere lor sui cari frutti
Tengono le pupille innamorate,

(La poesia è tratta da CANTICHE E POESIE varie di Silvio Pellico,Le Monnier, Firenze 1860)

Il paesaggio valligiano fece da sfondo alla poetica Tancreda ispirata alla leggendaria figura della pastora che esortò i montanari a ribellarsi di fronte alle scorrerie dei Saraceni.

E voi pur, mie native itale balze
Siete albergo di prodi. A quelle antiche
Lance il mio sguardo affiso onde severo
Di questa sala addobbo han le pareti,
E in ciascuna vegg'io di quelle lance
La storia d'un eroe. Tu generosa
Fanciulla del Chiusone, abbi il mio canto.
Del torrente Chiusone io visitai
La sacra valle, e visitai quel loco
Ove le gorgoglianti onde comprime
Di qua e di là deserto, orrido monte,
E orrido più a sinistra e di pendenti
Alte rupi tutto irto il Mal- Andaggio:
E salii quelle rupi, ed ombreggiata
Da scarsi, annosi pini, una fontana
Mi dissetò, ed accanto era una grotta
Che mi raccolse, e oh gioia! In quella grotta
Rozzamente scolpito era un macigno,
E i nomi io lessi d'Eudo e di Tancreda.

(Silvio Pellico Poesie, Società Editrice Italiana, Torino ,1855)

Il legame con le città della sua fanciullezza venne espresso in un breve componimento dal titolo "Ricordi"; l'immagine di Pinerolo risulta particolarmente serena :

Perché, SALUZZO mia, t'amo cotanto,
Sebben sì breve tempo in te abitassi?
Perché nel dì che ti rividi ho pianto
E con gioia m'assisi sui tuoi sassi?
Perché fra gli archi del tuo tempio santo
Spesso aggirando mia memoria vassi?

E perchè del mio cor ne' sogni belli
Di PINEROLO la terra anco sfavilla?
Vi fui portato agli anni tenerelli
E desiderio il nome suo m'istilla :
Presenti ho le sue pendici, i suoi fiorelli,
La chiara dei suoi rivi onda tranquilla,
Presente ho il brio delle sue facce argute,
Di schiettezza splendenti e di salute.
"

(Ottave inedite in L'Eco del Chisone 20 febbraio 1954)